Ignorare l’ignoranza. Percezione di apprendimento e apprendimento reale a confronto

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In riferimento al Volume dal titolo “valutare l’apprendimento online” 

di Andrea Laudadio – Assegnista presso la Facoltà di Psicologia 1 – Università di Roma “La Sapienza” (andrea.laudadio@uniroma1.it);  Fabio Roma – Dottorando in Psicologia Sociale Facoltà di Psicologia 1 – Università di Roma “La Sapienza” (fabio.roma@uniroma1.it)

Introduzione

Attorno al tema dell’apprendimento, sia esso a distanza o meno, esiste oramai una ricca bibliografia. In questo contributo presenteremo dapprima alcune considerazioni generali, per tratteggiare il framework teorico all’interno del quale la nostra ricerca si colloca e, successivamente, presenteremo la nostra proposta teorico-metodologica e i primi risultati della nostra ricerca.

Quel che appare immediatamente evidente è che ci troviamo oggi, noi uomini e donne della cosidetta “società della conoscenza”, in una fase di “transizione – il cui ritmo è in notevole accelerazione – da un periodo in cui il singolo doveva recarsi verso le fonti di elargizione e diffusione della conoscenza […] ad un’organizzazione sociale in cui l’informazione verrà diffusa in misura massiccia verso gli individui. Il problema principale non è più l’accesso all’informazione, ma il suo uso a fini educativi” (CE, 1994, pp. 7-8). Alcune conseguenze possono già venire delineate con chiarezza: “il ‘faccia a faccia’ pedagogico […] lascerà il passo all’autoapprendimento e alla gestione da parte di ciascuno del proprio percorso formativo”; “la formazione […] sarà assimilata a situazioni di lavoro o di tempo libero che a loro volta potranno acquisire una valenza educativa”; le simulazioni che ricorreranno a immagini virtuali potranno modificare le modalità di apprendimento delle competenze (ibidem).

E’ da notare come già il Rapporto mondiale sull’educazione, redatto nell’ormai lontano 1993 dall’UNESCO, facesse baluginare l’ipotesi di una nuova via dell’educazione tout court, una via che potesse mettere a profitto tutta la gamma di supporti di comunicazione di cui dispone la società già allora disponeva. Questa idea, ispirata dal progresso dell’insegnamento a distanza […], si stacca radicalmente dalla concezione puramente istituzionale di un insegnamento dispensato unicamente nel quadro delle aule ed avente come attori gruppi strutturati di insegnanti ed allievi” (UNESCO, 1993, p.65). Sostanzialmente coerente la metafora proposta dalla 43a Sessione della Conferenza internazionale dell’educazione (1992): “l’educazione non dovrà più essere considerata come un “crogiolo” né come il luogo di un “rimescolamento”, ma dovrà essere assimilata ad un “giardino in cui sboccia ogni sorta di fiori””, metafora della libertà di scelta e di uguaglianza di opportunità nell’educazione in generale (ibidem).

Il naturale sbocco di queste considerazioni e di tutte quelle che sono seguite, è una riflessione sul ruolo delle tecnologie e sul conseguente assetto dell’apprendimento. “La tecnologia” osserva saggiamente il Rapporto UNPD sullo sviluppo umano “non è intrinsecamente un bene o un male – tutto dipende dall’utilizzo che ne viene fatto” (UNPD, 2001, p. 43). Il pensiero di Lévy è complementare, in particolare in quei punti dei propri scritti come quello in cui l’autore nota che “si parla spesso di ‘impatto’ delle nuove tecnologie dell’informazione sulla società e la cultura […] Una simile metafora balistica è criticabile per più di un aspetto […] la tecnica è semplicemente una prospettiva a partire dalla quale analizzare sistemi socio-tecnici globali […] non si può separare il mondo materiale […] dalle idee tramite cui gli oggetti tecnici vengono concepiti ed utilizzati […] Aggiungiamo per finire che le immagini, le parole, i costrutti linguistici sono profondamente embricati nella mente umana” (Levy, 1999, pp. 25-26).

Più specificatamente occorre osservare che le TIC contribuiscono a porre a disposizione strumenti utili a superare le barriere dello sviluppo umano almeno a tre livelli: conoscitivo, nel rendere di facile accesso le informazioni presenti in rete; partecipativo, permettendo in creare comunità virtuali altrettanto presenti ed attive rispetto ai tradizionali gruppi organizzati; economico, dando vita a tecnologie che spesso richiedono minori investimenti iniziali rispetto alle tecnologie tradizionali (tipico è l’esempio dei costi per la creazione di infrastrutture telefoniche per reti fisse nei paesi in via di sviluppo a fronte dei costi per le reti mobili) (cfr. UNDP, 2001, pp. 52-53).

In termini sintetici, il Memorandum sull’istruzione e formazione permanente della CE lega direttamente la possibilità di dare vita a contesti e relazioni formative attraverso il ricorso alle TIC con l’urgenza di corrispondere ai mutati stili di vita per i quali sono necessarie un assieme di ‘competenze’ di base “indispensabili alla partecipazione attiva nella società e nell’economia della conoscenza – sul mercato del lavoro e sul luogo di lavoro stesso, in seno a comunità ‘reali’ e virtuali, nonché in una democrazia – in quanto persona dotata di una percezione coerente della propria identità e dell’orientamento della propria vita” (CE, 2000).

Il problema non sta assolutamente all’interno delle TIC, le quali tendono semmai a raddoppiare la capacità di elaborazione dei dati ogni 18-24 mesi (secondo la famigerata “legge di Moore”) e la velocità di comunicazione ogni 6 mesi (secondo l’altrettanto celebre “legge di Gilder”), mentre le stesse architetture del web sembrano orientarsi verso itinerari di massima flessibilità di impiego[1]. Il problema è, invece, nell’utilizzo delle TIC e nella percezione dell’apprendimento che i soggetti, utilizzandole, sperimentano.

Apprendimento e la contemporaneità

Ma perché occorre riflettere sulle TIC e sull’apprendimento che, per mezzo di esse, riusciamo a sviluppare? Rispondiamo, innanzitutto, sottolineando l’importanza dell’apprendimento che, oggi più che mai (e già lo si è detto), continua ad essere “il processo che ha contribuito in misura determinante a fare di voi ciò che siete, a influenzare il modo in cui vi relazionate con gli altri e a farvi realizzare quello che avete realizzato e ciò che riuscirete a realizzare in futuro” (Knasel et al. 2000, pag. 1).

La riflessione è poi di fondamentale importanza laddove si tenga conto delle molteplici prospettive teoriche esistenti sull’apprendimento: quella comportamentista, quella cognitivista, quella costruzionista, per citarne solo alcune. In quest’ultimo secolo, in aggiunta, la progressiva evoluzione delle tecnologie della comunicazione (mezzi di trasporto, telecomunicazioni, ecc.) ha condizionato costantemente l’altrettanto progressiva evoluzione dei sistemi per la Formazione a Distanza (Nipper, 1989).

Attualmente, il processo di “interazione” tra docente e studente continua ad essere molto simile a quello della FAD di prima generazione, anche se include l’assistenza telefonica, le attività tutoriali in presenza è più recentemente i collegamenti via fax e posta elettronica. Gli approcci dei sistemi FAD di prima e seconda generazione si basano quindi prevalentemente sulla produzione e distribuzione di materiali didattici destinati alla popolazione da formare. La comunicazione con gli studenti, vista in un ottica di bidirezionalità, rimane marginale e la comunicazione tra gli studenti è quasi del tutto inesistente o comunque non organizzata.

Nei sistemi di prima e seconda generazione il problema principale è la copertura di distanze geografiche e/o il raggiungimento di vaste popolazioni di utenza, problema che viene risolto principalmente attraverso metodi efficaci di presentazione e distribuzione. La conseguenza è che l’apprendimento non è più un processo sociale in cui privilegiare le interazioni tra docenti e studenti quanto piuttosto un fatto prevalentemente individuale. Le “classi virtuali” che si vanno così a formare mancano di quell’apertura socio-cognitiva tipica di una classe tradizionale.

Il riproporre anche a distanza, seppur con l’inevitabile mediazione della tecnologia, l’apprendimento come un processo sociale è l’idea chiave che sta guidando lo sviluppo dei sistemi FAD di terza generazione. Nella terminologia FAD i sistemi di terza generazione sono anche detti di online education o formazione in rete, proprio a significare come la maggior parte del  processo formativo avvenga via Internet, attraverso l’interazione dei partecipanti in una vera e propria “comunità di apprendimento” che favorisca  sia il superamento dell’isolamento del singolo sia la valorizzazione dei suoi rapporti con il gruppo.

L’online education o formazione in rete si inserisce,dunque, nella storia della formazione a distanza costituendone la cosiddetta terza generazione (Garrison,1995; Nipper, 1989; Trentin, 1998), ma una collocazione puramente “evolutiva” in questo contesto di origine fornirebbe una comprensione non adeguata. Essa da un lato deve molto all’evoluzione stessa degli strumenti legati alle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e a spinte che provengono dall’ambito economico, oltre al fatto che la ricerca sulle nuove tecnologie si è intrecciata con nuovi paradigmi teorici che investono alla radice la filosofia stessa della formazione; si appropria così di un corredo di atteggiamenti, orientamenti, concezioni e modelli educativi che le forniscono un taglio peculiare.

Trentin (1999), mette in guardia dal ricorso incondizionato all’utilizzo della metafora delle generazioni. Egli scrive:  “Va infatti cautamente presa in considerazione l’attribuzione dei determinismi “prima” , “seconda” e “terza” generazione. Se nel settore tecnologico “ultima generazione” richiama l’idea di qualcosa dalle caratteristiche e prestazioni superiori rispetto alle generazioni precedenti, quando si parla dei sistemi FaD lo stesso paragone non calza. La differenza fra formazione convenzionale (prima e seconda generazione) e formazione in rete (terza generazione) è infatti commisurata al diverso modo di impostare il processo formativo:un processo estensivo, rivolto cioè a grandi numeri, nel caso della FaD convenzionale; un processo intensivo, rivolto a numeri più contenuti ma caratterizzato da una forte interattività tra i partecipanti, nel caso della FaD di terza generazione” (p.17)

Se la differenza tra le generazioni non è da intendersi come semplice evoluzione tecnologica, ma deve essere bensì ricondotta proprio alle diverse strategie formative adottate, ne seguono due importanti conseguenze:

1) che non sempre, quando si utilizza Internet, si può parlare di FaD di terza generazione

2) che non necessariamente la terza generazione sia superiore a quelle precedenti.

In questo quadro generale, di particolare importanza è l’evoluzione interna all’educazione a distanza verso modelli di open learning, la trasformazione della tecnologia multimediale verso il Web based training, la progressiva acquisizione di modelli teorici ed epistemologici relativi alla formazione che valorizzano l’autonomia e una costruzione negoziale dei saperi quali la “psicologia umanistica” e il “costruttivismo”. A partire dal 1970 nell’educazione degli adulti prendono maggiore spazio orientamenti volti a valorizzare complessivamente l’autonomia e la responsabilizzazione del discente che apprende; si rivolge più attenzione alle esigenze degli individui, orientando gli allievi a un’assunzione di responsabilità e iniziativa decisionale. Si ha una rivalutazione dello studio autonomo, già praticato in una tradizione secolare, chiamato di volta in volta studio “autodidatta”, “autocontrollato”, “autoorganizzato”, ricollocato al centro di nuove filosofie dell’apprendimento. Ci si rende conto che per lo più si è banalizzato questo concetto, identificandolo con lo svincolo tecnico da luoghi, tempi e docenti, laddove il materiale di studio rimane tuttavia assai costruttivo, strutturato  in tempi rigidi, e il programma didattico fondamentalmente eterodiretto (Peters 1998).

L’avvento delle nuove tecnologie, in primo luogo di Internet, ha portato con sé il tentativo di dare una risposta a nuove esigenze; “la nostra epoca ha segnato la nascita di una nuova opportunità nel campo della formazione, la cui caratteristica è quella di essere una formazione distribuita, cioè fondamentalmente non dipendente dal tempo e dallo spazio di un sistema di formazione, bensì rapportata alle necessità e possibilità dell’utente. […] I termini sono rovesciati: non si tratta di un apprendimento per la vita, è una vita per apprendere” (Pellerey, 1992, p.23-24).

Inoltre, come sostiene Nacamulli (2003) “[…] si assiste ad un progressivo declino dell’idea tradizionale di indipendenza dagli imperativi temporali delle istituzioni educative in generale e di quelle universitarie in particolare[…] ne consegue che i processi di sviluppo della conoscenza scientifica e operativa appaiono essere sempre più parte di un unico contesto sociale e mercato globale interconnesso, regolato congiuntamente da criteri di apprezzabilità sia scientifica che economica” (p. 78).

Le ricadute di questo cambiamento sono molteplici, ad esempio Sarti (cit. in Biolghini et al., 1999) mette a confronto la formazione a distanza e la formazione in presenza rispetto ad alcuni parametri e fornendo due distinte definizioni: “nei sistemi convenzionali gli studenti sono omogenei per età, conoscenze e luogo (la classe), soggetti ad una modalità di apprendimento dipendente e in situazione molto controllata; i corsi sono pochi e ben definiti con relazioni faccia a faccia e misura finale sommativa delle competenze acquisite; i costi di avvio sono bassi e crescenti linearmente col numero degli studenti. Nei sistemi a distanza gli studenti sono eterogenei, non localizzati in un unico luogo, adottano una modalità di apprendimento indipendente e in un ambiente poco controllato, sono supportati da help in linea, risoluzione differita dei problemi, gruppi di discussione; i corsi sono diversificati e frammentati, con (auto)valutazione formativa lungo tutto l’apprendimento; i costi iniziali sono alti, ma quelli variabili sono bassi rispetto ai sistemi convenzionali” (p.48).

Apprendere, riflettere, percepire

Ma, a prescindere dalle forme di educazione/formazione adottate o indagate, una delle prime problematiche che deve affrontare chi si interessi all’utilizzo e alla valutazione delle TIC per l’apprendimento e del fenomeno dell’apprendimento in sé è certamente l’esigenza di riflessione che accompagna questi fenomeni. Si tratta di una riflessione che interessa, spesso, i partecipanti al procedimento di apprendimento: i discenti sentono, infatti, sovente il bisogno di comprendere non solo i contenuti che vengono loro proposti, ma anche il perché di certe scelte metodologiche nella gestione nell’azione formativa; e si tratta di una riflessione che, inevitabilmente, interessi quanti studiano i fenomeni, giacché è ben nota l’esistenza di una discrepanza tra quello che un soggetto apprende e quello che crede di aver appreso. Queste esigenze di riflessione – e l’ultima in particolar modo – assumono particolare importanza e diventano quasi urgenti se si considera l’importanza dello sviluppo e della valutazione della conoscenza nella società attuale: conoscenza tacita e non, acquisita in contesti formali e non.

Ma, come osservano Lizzio, Wilson e Simons (2002), “benchè sia stata sviluppata un’ampia ricerca per stabilire come i discenti valutano gli ambienti di apprendimento o per indagare gli approcci teorici di studio o per giudicare i risultati dell’apprendimento, poco si è fatto per studiare la percezione dell’apprendimento” (p. 133). Anche Harasim (1990), Arbaugh (2000)e Thomas (2002)  condividono le stesse prospettive epistemoligiche. In particolare, gli studi di quest’ultimo mostrano come le differenze tra l’apprendimento e la sua percezione si possano proficuamente incrociare con il genere, per dimostrare, ad esempio, come nella percezione di apprendimento femminile sia particolarmente presenti i legami sociali e collaborativi, laddove la percezione maschile risulta maggiormente centrata sugli specifici contenuti dell’apprendimento. Donaghy e coleghi (2003) e Stacey (1999) raggiungono, per altro, conclusioni simili. Nei paragrafi seguenti cercheremo di presentare il nostro tentativo di colmare questa lacuna all’interno del framework teorico che ruota intorno alla questione dell’apprendimento.

Obiettivo della ricerca

L’obiettivo di questo studio è di comparare i livelli di apprendimento percepito in relazione a diversi livelli di apprendimento reale.

In altre parole, si vuole verificare se la percezione di apprendimento si un valido predittore dell’apprendimento reale e se sia possibile utilizzare quindi l’apprendimento percepito come indicatore sintetico del livello di apprendimento.

L’ipotesi che ha guidato la ricerca è che l’apprendimento reale e l’apprendimento percepito siano in realtà due dimensioni non connesse tra loro.

Metodologia

Per rispondere all’obiettivo precedentemente descritto sono stati realizzati tre corsi di formazione che differivano esclusivamente per il livello di conoscenza che veniva in essi veicolato. Per poter controllare il maggior numero possibile di variabili è stato deciso di svolgere i corsi utilizzando la metodologia della formazione a distanza (FAD). I corsi si sostanziavano in moduli composti da set di slide. Dopo aver realizzato il corso base, sono stati realizzati due corsi contenenti progressivamente sempre “minore informazione”: ovvero corsi con slide via via più povere di contenuti. I risultati sono stati supervisionati da tre giudici indipendenti che hanno confermato la coerenza della procedura. Nello specifico sono stati costruiti tre gruppi sperimentali: (1) in cui veniva erogato il corso completo; (2) in cui è stato erogato il corso con una riduzione dei contenuti di circa il 20%; (3) con una riduzione dei contenuti di circa il 40%.

Procedura

I soggetti sono stati invitati a partecipare ad un percorso di formazione a distanza la cui partecipazione era propedeutica per un successivo lavoro della società di cui i soggetti fanno parte. Come obiettivo generale il percorso si proponeva di fornire ai soggetti alcuni contenuti fondamentali circa il tema della valutazione della formazione.

Prima della loro partecipazione al percorso formativo sono stati somministrati ai soggetti quattro questionari: (1) dati anagrafici, (2) misurare il livello di conoscenza reale rispetto all’argomento del corso, (3) misurare il livello di conoscenza percepito rispetto all’argomento del corso, (4) misurare il livello di conoscenza rispetto la piattaforma di formazione a distanza e le conoscenze informatiche di base.

Successivamente i soggetti sono stati divisi nei tre gruppi precedentemente descritti bilanciando (per quanto possibile) età, conoscenze informatiche e livello di conoscenza (reale e percepito) precedentemente misurato.

Il corso di formazione si è svolto all’interno dell’orario di lavoro ed era retribuito come tale. I soggetti avevano un orario prestabilito per poter partecipare – collettivamente – al corso che si svolgeva in una delle sale della società.  Per tutti i gruppi il percorso di formazione era articolato in 9 moduli, sostanzialmente articolati sulla base di set di slides. Il corso – per tutti i gruppi – ha avuto una durata complessiva di circa 9 ore. Ciascun modulo ha avuto – quindi –  una durata di 1 ora.

Preliminarmente tutti gli studenti hanno partecipato ad un corso di formazione sull’uso della piattaforma di formazione a distanza.

Partecipanti

Hanno partecipato alla ricerca 36 soggetti, tutte donne impiegate come operatrici di call center. L’età media dei soggetti è di 32 anni e 4 mesi (d.s. 8 anni e 4 mesi). L’età massima è di 50 anni e l’età minima di 22. Mediamente i soggetti fanno parte della società per cui lavorano da 2 anni e 3 mesi (d.s. 1 anno e 7 mesi).

La tabella seguente riepiloga la composizione di ciascun gruppo.

Tabella 1 – Età media, massima e minima per ciascun gruppo sperimentale

Gruppo sperimentaleEtàd.s.Età maxEtà min
Corso 132 anni e 3 mesi8 anni e 9 mesi5023
Corso 232 anni e 6 mesi8 anni e 4 mesi4822
Corso 332 anni e 4 mesi8 anni e 8 mesi5022

Tabella 2 – Comparazione tra i gruppi sperimentali: Conoscenze informatiche

 Gruppo sperimentale
 Corso 1Corso 2Corso 3
 Mediad.s.Mediad.s.Mediad.s.
Test6,751,766,671,566,831,27

Strumenti

Sono stati utilizzati tre strumenti (oltre un semplice questionario anagrafico): un questionario per la misurazione delle conoscenze reali rispetto all’argomento del corso; un questionario per misurare il livello di conoscenza percepito rispetto all’argomento del corso; un questionario per misurare il livello di conoscenza rispetto la piattaforma di formazione a distanza e le conoscenze informatiche di base. Di seguito viene presentata una breve descrizione dei suddetti strumenti.

  1. Questionario di Apprendimento Percepito: un questionario di autovalutazione, in formato scala Likert, relativo alla percezione di conoscenza rispetto l’argomento del percorso di formazione. Sono stati creati sette item relativi ad aspetti specifici della tecnica. Ai soggetti è stato chiesto di indicare quanto, su una scala da 1 (pochissimo) a 5 (moltissimo), pensano di conoscere l’argomento (Es. Quanto pensa di sapere rispetto ai codici ATECO?) La conoscenza percepita è data dalla somma delle risposte che quindi fornisce una misura su una scala da 0 a 35. Questa tecnica è stata impostata per fornire una misura più completa della conoscenza ed in particolare della conoscenza percepita all’inizio alla fine del percorso di formazione (Klobas e Renzi, 2000).
  2. Questionario Apprendimento Reale: un questionario a scelta multipla per la valutazione più oggettiva delle reali conoscenze/competenze acquisite dagli studenti. Gli item sono stati creati in riferimento ai contenuti del corso. Sono stati impostati complessivamente 40 item, ognuno di essi prevedeva quattro alternative di risposta di cui una sola era corretta. L’elenco dei 40 item è stato ordinato in maniera casuale. Questo nuovo elenco è stato suddiviso in due parti per costituire due questionari – teoricamente paralleli – per poterli somministrare come pre-test e post-test ai soggetti. Gli elenchi di item sono stati proposti a tre giudici indipendenti che hanno giudicato le due versione equivalenti. E’ stata utilizzata questa tecnica per evitare che i soggetti – ricordando le domande o le risposte fornite – alterassero la loro prestazione sia nel test che nel percorso di apprendimento. La somma delle risposte corrette fornisce un punteggio quindi su una scala da 0 a 20.
  3. Questionario Conoscenze Informatiche: un questionario – simile al precedente – per misurare le conoscenze informatiche dei soggetti. Anche in questo caso ne sono state realizzate due forme teoricamente parallele. Il questionario era costituito da 15 item estratti da alcuni testi per valutare il conseguimento della patente europea del computer.

Risultati

Per quanto concerne la misura di apprendimento e percezione di apprendimento è stata condotta un’analisi della varianza a disegno misto con un fattore indipendente (gruppo di appartenenza) e un fattore a misure ripetute (pre-post).

Sintesi descrittiva dei risultati è indicata nelle tabelle seguenti.

Tabella 3 – Comparazione tra i gruppi sperimentali: Apprendimento Percepito

 Gruppo sperimentale
 Corso 1Corso 2Corso 3
 Mediad.s.Mediad.s.Mediad.s.
Pre-Test10,252,2210,422,7510,172,21
Post-Test29,002,6628,833,4328,252,77

Tabella 4 – Comparazione tra i gruppi sperimentali: Apprendimento Reale

 Gruppo sperimentale
 Corso 1Corso 2Corso 3
 Mediad.s.Mediad.s.Mediad.s.
Pre-Test2,581,512,671,502,671,50
Post-Test12,172,7915,832,2518,172,44

Dall’analisi emerge chiaramente la significativa differenza tra pre-test e post-test sia per il questionario di apprendimento reale circa i contenuti del corso (F(1,33) = 653,37, p<.01) che per il questionario di autovalutazione (F(1,33) = 822,18, p<.01).

Rispetto alla differenza tra i tre gruppi, per quello che riguarda le  conoscenze reali, l’ANOVA per misure ripetute evidenzia una differenza significativa tra i gruppi (F(2,33)= 11,89, p<.01).

Figura 1 – Comparazione dell’apprendimento reale

Il grafico consente di sintetizzare il comportamento dei tre gruppi. Appare evidente come il migliore apprendimento sia del gruppo 3, seguito dal gruppo 2 e dal gruppo 1. L’analisi del test post-hoc (metodo di Duncan) evidenzia come tutte e tre e medie siano significativamente diverse l’una dall’altra.

Per quello che riguarda le  conoscenze percepite, l’ANOVA per misure ripetute non evidenzia una differenza significativa tra i gruppi (F(2,33)= 0,08, n.s.).

Figura 2 – Comparazione dell’apprendimento percepito

Come si evince dal grafico tutti e tre i gruppi hanno valutazioni  alte del livello di autopercezione di apprendimento.

Conclusioni

I risultati evidenziano come l’apprendimento percepito non è in relazione all’apprendimento reale, ma è presumibile che sia invece correlato ad altre dimensioni (interne ed esterne).

Quando pensiamo a “quanto ne sappiamo di un certo argomento”, probabilmente non ci diamo una risposta sulla base di quanto ne sappiamo in realtà, ma sulla base di una serie di dimensioni come le modalità in cui l’abbiamo apprese, la fiducia che riponiamo nella fonte, la nostra autovalutazione complessiva sulla nostra bravura ad apprendere, la nostra autoefficacia mnestica.

Quello che è successo nei tre gruppi sperimentali è chiaro. I tre gruppi hanno risposto al questionario sulla percezione dell’apprendimento basandosi su delle dimensioni come: il rispetto del protocollo di apprendimento (ho studiato come dovevo? Ho fatto tutto? Ho letto con attenzione?) e sulla base di una autovalutazione generale su quanto pensavano di ricordare di quanto avevano imparato.

Questi risultati forniscono una duplice indicazioni, da una parte mettono in guardia rispetto all’uso della percezione dell’apprendimento come indicatore dell’apprendimento reale dei soggetti dall’altro sostengono ulteriori approfondimenti finalizzati ad identificare quali sono le dimensioni sottese alla percezione di un “corretto apprendimento”. Proprio l’approfondimento di queste dimensioni potrebbe portare a nuovi sviluppi le tecniche e le pratiche di valutazione di un percorso formativo a distanza o in presenza.

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[1] Rimandiamo a T. Berners-Lee, L’architettura del nuovo web, Feltrinelli, Interzone, 1999, per cogliere come ci si stia orientando nella trasmissione dati verso soluzioni che ne permettano la fruizione libera secondo le modalità prescelte dall’utilizzatore e non dall’erogatore, in linea con l’avvenuto superamento dell’ostacolo dell’analfabetismo linguistico per accedere al pc ed al web, attraverso software testo-vocali.