Mobilità sociale: tale padre, tale figlio?

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10. Mobilità sociale: tale padre, tale figlio?

Gli studi sulla mobilità sociale nascono negli anni cinquanta in Inghilterra con lo scopo di fornire indicazioni sulle cause del movimento (o dell’immobilità) degli individui all’interno della struttura delle classi sociali. Le ricerche sulla mobilità sociale forniscono indicazioni circa l’apertura/chiusura o fluidità di una società e, in qualche modo, ci consentono di individuare il peso dell’estrazione socio-economica (famiglia di origine) nel determinare il futuro di un individuo. Per comprendere meglio le potenzialità di questo strumento di ricerca è utile riprendere un esempio già disponibile in letteratura (Pisati, 2000). Supponiamo di avere due società, a e b, e di avere la tab. 10.1 come esito di uno studio sulla mobilità sociale di queste due società.

Tab. 10.1 – Differenze di mobilità sociale tra due diverse strutture sociali

Classe sociale di origine Classe sociale attuale
Società ASocietà B
SuperioreMediaInferioreSuperioreMediaInferiore
Superiore10,00,00,010,00,00,0
Media0,030,00,010,020,00,0
Inferiore0,00,060,00,030,030,0
Totale10,030,060,020,050,030,0

Fonte: Tratto da Pisati (2000), La mobilità sociale

Immediatamente, appare evidente come le due società siano tra loro speculari. La società a esprime un livello nullo di mobilità sociale, in quanto chi appartiene per nascita a una classe sociale ha la certezza di mantenerla per tutta la vita. Mentre, la società b esprime un apprezzabile grado di mobilità sociale. La società b non risponde però ancora alla condizione ideale, in cui ciascuna classe sociale (attuale) presenti le stesse probabilità delle altre in relazione alla classe sociale di origine. L’intento del presente capitolo è quello di affrontare il fenomeno della mobilità sociale nel nostro Paese, con particolare riferimento alle sembianze che assume nel territorio cosentino.

10.1 Mobilità sociale in Italia

L’istat nel 2003 ha realizzato un approfondito studio sulla mobilità sociale nel nostro Paese. I risultati – in termini generali – evidenziano un Paese con una bassa mobilità tra le diverse classi sociali in relazione alla classe di origine.

Tab. 10.2 – Occupati di 18 anni e più per classe occupazionale attuale e classe occupazionale del padre – Valori percentuali

Classe occupazionale del padreClasse occupazionale attuale
BorghesiaClasse media impiegatiziaPiccola borghesia urbanaPiccola borghesia agricolaClasse operaia urbanaClasse operaia agricolaTotale
Borghesia34,034,016,70,814,00,4100,0
Classe media impiegatizia17,949,413,10,718,40,4100,0
Piccola borghesia urbana12,131,030,41,024,41,1100,0
Piccola borghesia agricola8,123,620,315,529,63,0100,0
Classe operaia urbana7,330,116,60,644,41,0100,0
Classe operaia agricola4,716,619,82,646,210,1100,0
Totale12,532,319,22,232,11,7100,0

Fonte: elaborazione Gruppo e-Laborando su dati istat, “Famiglie e soggetti sociali”, 2003

Si fa riferimento alla condizione del padre quando la persona occupata considerata (figlio/a) aveva 14 anni.

Come si evince dalla tab. 10.2, le possibilità di ascesa sociale sono piuttosto basse. Soltanto il 4,7% dei figli di padri appartenenti alla classe operaia agricola appartengono alla classe borghese. I mutamenti sociali avvengono principalmente tra classi sociali contigue evidenziando piccoli spostamenti migliorativi o peggiorativi.

Dai dati sulla mobilità presentati è possibile ricavare una sintesi dei flussi di classe da comparare con una società ideale con la massima mobilità sociale.

Tab. 10.3 – Differenze di mobilità sociale tra l’Italia e una società “ideale”

Classe sociale di origineMobilità sociale
ItaliaSocietà ideale
=+=+
Borghesia6634083170
Classe media impiegatizia334918661717
Piccola borghesia urbana273043501733
Piccola borghesia agricola331552331750
Classe operaia urbana14455171766
Classe operaia agricola0109001783

Fonte: elaborazione Gruppo e-Laborando su dati istat, “Famiglie e soggetti sociali”, 2003

Rispetto a una società ideale, i figli di padri appartenenti alle tre classi superiori: borghesia (-17%), classe media impiegatizia (-33%) e piccola borghesia urbana (-23%) hanno probabilità di molto inferiori di retrocedere di classe, mentre hanno probabilità di molto superiori di permanere nella classe sociale originaria. È interessante notare come i figli della classe operaia urbana abbiano l’11% in meno di probabilità di salire di classe e il 27% in più di probabilità di rimanere nella stessa classe rispetto a una società ideale a massima mobilità e giustizia sociale.

Relativamente al genere, sono i maschi rispetto alle femmine a poter contare su maggiori probabilità di permanere nella borghesia mentre sono le femmine a poter permanere maggiormente nella classe media impiegatizia rispetto ai maschi. Questo quadro generale è dovuto – essenzialmente – a una bassa possibilità di accesso delle donne a professioni apicali. Sembrerebbe che per le femmine la tendenza sia quella di un miglioramento della classe sociale di appartenenza, ma che questo miglioramento si fermi alla classe media impiegatizia.

Tab. 10.4 – Differenze di mobilità sociale tra maschi e femmine

Classe sociale di origineMobilità sociale
MaschiFemmine
=+=+
Borghesia59,740,30,074,825,20,0
Classe media impiegatizia35,541,023,529,259,611,2
Piccola borghesia urbana28,436,235,423,521,455,1
Piccola borghesia agricola33,617,948,530,610,459,0
Classe operaia urbana1,149,349,61,036,462,6
Classe operaia agricola0,08,691,40,012,987,1

Fonte: elaborazione Gruppo e-Laborando su dati istat, “Famiglie e soggetti sociali”, 2003

L’analisi su base geografica evidenzia delle differenze di mobilità intergenerazionali in alcuni ambiti specifici.

Nello specifico, la possibilità di permanere nella classe borghese di provenienza è inferiore al nord rispetto al centro e al sud. Di contro, i figli di padri appartenenti alla classe media impiegatizia hanno maggiori probabilità di mantenere la stessa classe al sud (53,6% contro il 48,7% del centro e il 47,1% del nord).

Incrociando la classe occupazionale del padre, la classe occupazionale del figlio e il titolo di studio risulta che le percentuali di spostamento verso l’alto nella scala sociale sono direttamente correlate al grado di istruzione raggiunto nel proprio percorso formativo. Ad esempio, il figlio di un operaio difficilmente approderà al ceto borghese, ma questo è tanto più vero quanto inferiore sarà il titolo di studio posseduto. Se il figlio di un operaio che ha conseguito la laurea o il diploma ha il 14,6% di probabilità di accedere alla classe borghese questa percentuale crolla al 2,1% nel caso di possesso della licenza media o della licenza elementare. Similmente, una persona proveniente dalla classe borghese con il diploma o la laurea ha il 40,6% di probabilità di permanere nella sua classe di origine che scende al 5,4% se il suo titolo è la licenza media.

È illusorio considerare il titolo di studio come una variabile pura nello studio della mobilità sociale del Paese.

Rispetto all’ereditarietà del titolo di studio, l’indagine isfol-plus (2006) fornisce dei dati su cui è possibile fare almeno due considerazioni.

Tab.10.5 – Ereditarietà del titolo di studio

Titolo di studio del padre Titolo di studio del figlio
ElementareMedie inf.DiplomaLaurea
Nessun titolo38,3%40,7%18,5%2,5%
Elementare12,7%43,9%36,7%6,7%
Medie inferiori1,3%32,8%53,2%12,8%
Diploma0,6%25,3%51,2%22,8%
Laurea0,0%17,0%35,9%47,2%

Fonte: elaborazione Gruppo e-Laborando su dati isfol-plus, 2006

Da una parte emerge un incremento del titolo di studio dei figli rispetto ai padri, imputabile però a un incremento strutturale dell’istruzione; dall’altra è evidente una forte ereditarietà dei titoli di studio. Il 47,2% dei figli di laureati consegue la laurea contro il 22,8% dei figli di diplomati e solo il 6,7% dei figli di un padre con licenza elementare.

Come evidenzia Pisati (2000), al di là del titolo di studio posseduto, la competizione per l’occupazione dello spazio sociale continua ovunque a essere influenzata direttamente anche dalla classe di origine. Lo stesso Pisati (2000) ha riassunto, nella fig. 10.1, le dimensioni alla base della disuguaglianza sociale. Ciascuna delle classi di origine mette a disposizione dei propri figli – in quote variabili – tre tipi di risorse: economiche, culturali e sociali. Le prime corrispondono alla ricchezza in senso stretto e includono: denaro e proprietà di mezzi di produzione di ricchezza (es. imprese o studi professionali). Le risorse culturali possono essere molto varie ma comprendono il livello di istruzione dei genitori e il livello di consumi culturali presenti in famiglia. Le risorse sociali riflettono la rete sociale in cui la famiglia è inserita e consistono nella capacità di attivare determinati canali di influenza e di accedere a particolari informazioni.

Fonte: Tratto da Pisati (2000), La mobilità sociale

Fig. 10.1 – La riproduzione delle disuguaglianza sociali: i meccanismi fondamentali

Gli individui, sulla base delle risorse familiari avviano un percorso di istruzione e formazione. All’interno del processo di istruzione gli individui spendono i propri talenti e le proprie abilità personali e anche sulla base delle risorse familiari accedono al mercato del lavoro e approdano alla classe sociale di destinazione. Secondo questo modello, a parità di istruzione e talento personale, l’influenza della classe sociale di origine è ancora determinante nel processo di acquisizione della classe di destinazione.

Il quadro presentato ha effetti diretti anche sull’orientamento dei giovani. A questo proposito, abbiamo effettuato una ricerca su studenti calabresi, allo scopo di verificare quanto il titolo di studio e l’occupazione dei genitori influenzino la scelta della scuola superiore.

1 Ricerca 28 
Titolo di studio del padre e scelta della scuola superiore
È stata condotta una indagine su un campione accidentale di convenienza composto da 1515 studenti di scuola superiore della Calabria. L’età media del campione è di 18 anni e 3 mesi. Il 53,4% sono femmine e il restante 46,6% maschi.
A ciascun soggetto è stato chiesto di compilare un questionario carta-e-matita in cui veniva chiesto di indicare la scuola frequentata, il titolo di studio e l’occupazione dei propri genitori. Inoltre, veniva chiesto di raccontare – all’interno di una domanda aperta – il processo di scelta che li aveva portati a scegliere la scuola superiore.

Dal nostro studio emerge che il 56,9% dei figli di padri laureati frequenta un liceo scientifico e il 38,0% un liceo classico, percentuale che scende allo 0,7% (classico) e 8,1% (scientifico) nel caso in cui il padre possegga come titolo di studio la licenza elementare. Nessun figlio di laureati viene inviato in un istituto professionale contro il 32,4% nel caso di figli di persone con licenza elementare e il 30,8% di figli di persone con licenza media. Si evince – chiaramente – l’esistenza di una relazione diretta tra il titolo di studio del padre e la scelta di scuola superiore del figlio. La possibilità previsionale del modello aumenta inserendo anche il titolo di studio della madre e la professione svolta dal padre. Le risposte fornite dai soggetti in relazione al processo che li ha condotti a scegliere la scuola superiore sono state analizzate in relazione alla classe sociale culturale di appartenenza.

Tab. 10.6 – Percorso decisionale in relazione alla classe culturale dei genitori

Scuola frequentataClasse culturale dei genitori
BassaMediaAlta

Liceo classico o scientifico

La scelta è guidata dai buoni voti scolastici. I genitori sono coinvolti in modo marginale nella scelta. Gli insegnanti hanno un ruolo predominante.La scelta è guidata sia dalla prestazione scolastica sia da un coinvolgimento molto alto dei genitori. Viene dato per scontato il proseguimento degli studi.La scelta è indipendente dai voti scolastici. I genitori hanno un ruolo centrale nella scelta. Viene dato per scontato il proseguimento degli studi. La scelta sarà quella universitaria.

Istituto tecnico o psico-socio-pedagogico

La scelta viene fatta in modo autonomo dai ragazzi su consiglio degli insegnanti. I genitori sono coinvolti in modo marginale.I genitori sono coinvolti nel processo di scelta. Nonostante i buoni voti scolastici viene preferito un percorso che dia comunque una qualifica professionale piuttosto che un liceo.Non è possibile identificare un quadro comune. Spesso i genitori hanno conseguito la laurea dopo un percorso tecnico o magistrale.

Istituto professionale

I genitori sono coinvolti in modo marginale. I ragazzi riferiscono di aver scelto autonomamente. Sono spesso attratti dagli aspetti applicativi del percorso.La scelta è fortemente influenzata dalla prestazione scolastica precedente. I genitori sono coinvolti ma preferiscono rinviare una riflessione sul proseguo degli studi.Nessun caso registrato.

Fonte: Gruppo e-Laborando, 2008

Le classi sono state così definite:

  • classe alta (almeno un genitore laureato e l’altro con almeno il diploma);
  • classe media (due genitori entrambi diplomati o un genitore laureato e l’altro con titolo inferiore al diploma);
  • classe bassa (tutte le altre possibilità).

Emerge come centrale il livello di coinvolgimento dei genitori nel processo di scelta (maggiore è il coinvolgimento più la scelta tende a percorsi di studio come il liceo) e nell’intenzione o meno di pensare a un percorso formativo lungo (università).

10.2 Mobilità sociale percepita

Come abbiamo visto in precedenza, la mobilità sociale è legata essenzialmente a variabili socio-economiche in cui la classe sociale di origine – in Italia – gioca ancora un ruolo dominante. È altrettanto vero che la dimensione individuale ha un ruolo non trascurabile nel determinare la mobilità sociale di un Paese o di un territorio. Pochissimi sono gli studi che hanno analizzato – ad esempio – la rappresentazione che i soggetti hanno in relazione alla loro personale possibilità di accedere a una classe sociale più alta e – più in generale – di migliorare la propria condizione socio-economica rispetto a quella dei propri genitori. Per questo motivo il Gruppo e-Laborando ha realizzato una ricerca finalizzata a esplorare la percezione di mobilità sociale presso i giovani.

1 Ricerca 29 
Miglioramento sociale percepito
Abbiamo somministrato a un campione composto da 4000 soggetti, suddivisi rispetto all’area geografica di residenza, un questionario carta-e-matita, finalizzato a esplorare la percezione di mobilità sociale. 1000 soggetti provengono dall’area urbana di Milano, 1000 dell’area di Bologna, 1000 dall’area di Roma e 1000 dall’area di Cosenza. Il campione è composto dal 52% di femmine e dal 48% di maschi di età compresa tra 20 e 29 anni; età media di 24 anni e 7 mesi.  Il questionario era finalizzato a esplorare: la probabilità di migliorare la propria condizione socio-economica, le cause eventuali di un miglioramento socio-economico e l’atteggiamento generale verso la propria personale possibilità di mobilità sociale.

In termini generali, lo studio evidenzia una sostanziale fiducia dei giovani nella possibilità di migliorare la propria condizione socio-economica.

Sono emerse delle profonde differenze tra le quattro città campione: Cosenza risulta avere un comportamento ambivalente, fortemente polarizzato presentando sia la maggiore sfiducia verso un miglioramento della propria condizione sia la maggiore fiducia. Il 32,0% dei giovani consentini intervistati ritiene basse o molto basse le possibilità di migliorare la propria condizione mentre il 59,4% le ritiene alte o molto alte. In relazione alla fiducia di migliorare la propria condizione, dopo Cosenza si colloca Milano (55,6%), Bologna (55,1%) e Roma (40,4%).

Nonostante questa alta fiducia nella possibilità di migliorare la propria condizione socio-economica, i soggetti intervistati – quando chiamati a rispondere in termini generali e non più soltanto personali – indicano livelli molto bassi di probabilità di transizione tra classi sociali, sia verso l’alto sia verso il basso. È a Cosenza che si registrano le minori probabilità percepite di mobilità sociale.

Abbiamo chiesto ai soggetti di immaginare di riuscire a superare la condizione economica del proprio padre e di identificare quale – tra una serie di alternative proposte – poteva essere la causa principale di questo successo. In altre parole, è stato chiesto ai soggetti di attribuire la causa del loro eventuale successo. Esistono profonde differenze tra i rispondenti cosentini e i soggetti delle altre città. Per ben il 19,2% dei giovani residenti nella zona urbana di Cosenza il superamento della condizione economica del padre sarebbe nel 43,9% dei casi (+15,1% rispetto alla media nazionale) attribuibile a cause esterne: 19,2% all’aiuto di altri e 24,7% per fortuna.

Mediante una cluster analisys sono stati identificati dei gruppi omogenei di soggetti riferiti all’atteggiamento verso la possibilità di migliorare la propria condizione socio-economica rispetto a quella del proprio padre.

Fonte: Gruppo e-Laborando, 2008

Fig. 10.2 – Differenze tra i cluster

i gruppi sono:

  • impegnati: sono soggetti provenienti da classi sociali basse e medio-basse che hanno investito molto nella formazione. Sono principalmente donne e sono convinte che la loro possibilità di miglioramento sociale dipenda essenzialmente dall’impegno;
  • ottimisti: i soggetti di questo gruppo provengono da classi sociali medio-alte. Hanno una alta fiducia di riuscire a migliorare la propria condizione socio-economica indipendentemente dal loro impegno nello studio;
  • volenterosi: provengono da classi sociali medio-basse. Sono principalmente maschi e sono convinti che il miglioramento sociale dipenda dal loro impegno nel lavoro e più marginalmente nella formazione. A differenza di ottimisti e impegnati non hanno una fiducia completa di riuscire a migliorare la propria condizione socio-economica;
  • edonisti: per la maggior parte questi soggetti provengono da classi sociali medie. Non hanno particolari livelli di fiducia nella possibilità di migliorare la propria condizione socio-economica, riferiscono di essere poco o per nulla interessati a questa possibilità e attribuiscono il miglioramento sociale soltanto a cause esterne;
  • rassegnati: provengono da classi medie. La loro caratteristica principale è una bassa fiducia verso la possibilità di migliorare la loro condizione socio-economica. Sono i soggetti che ritengono che il miglioramento sia possibile ma che difficilmente li potrà riguardare;
  • disimpegnati: provengono da classi medio-basse. Non sono impegnati in attività formative e ritengono molto improbabile un miglioramento sociale personale, che attribuiscono unicamente a cause esterne. Ritengono che il sistema sociale sia completamente bloccato.

Analizzando le distribuzioni dei singoli cluster all’interno dei diversi campioni si evince che nell’area di Cosenza si registra una percentuale più bassa rispetto alla media nazionale (-9,9%) di impegnati e una percentuale significativamente maggiore di rassegnati (+3,7%) e disimpegnati (+3,5%).

10.3 Tale padre, tale figlio?

I dati presentati sulla mobilità sociale, sia nazionali sia territoriali, evidenziano un quadro generale preoccupante. Sembrerebbe che la giustizia sociale sia ancora una emergenza nel nostro Paese.

Fig. 10.3 – Interventi per migliorare la giustizia sociale

Come evidenziato nello schema in fig. 10.3, è quanto mai urgente un massiccio intervento pubblico finalizzato a rendere più equo il sistema dei flussi di classe.

L’intervento troverebbe la sua naturale collocazione a ridosso del percorso formativo, in entrata, in itinere e in uscita. L’intervento pubblico di tipo orientativo dovrebbe essere in grado di sviluppare risorse sociali e culturali tali da poter bilanciare le differenze tra le classi di origine e fornire un supporto economico per l’accesso ai percorsi formativi.

Adottando una prospettiva orientativa, è necessario progettare e sviluppare percorsi che siano in grado di coinvolgere attivamente i genitori nel processo di scelta e potenziare gli individui non solo rendendoli consapevoli delle proprie risorse ma contribuendo a sviluppare strategie sociali positive. Appare quanto mai strategico abbandonare l’approccio diagnostico in ambito orientativo per adottare – piuttosto – un approccio maturativo finalizzato al potenziamento del soggetto.

Saleebey (2001) propone l’adozione – all’interno delle professioni sociali – di una nuova prospettiva basata sulle risorse dei soggetti, che possa dare spazio allo sviluppo personale attraverso: il potenziamento della resilienza, il superamento delle difficoltà del passato, il rafforzamento delle aspettative e delle aspirazioni individuali, nonché l’utilizzo delle doti e delle conoscenze dell’individuo, della famiglia, del gruppo e della comunità.

La prospettiva proposta da Saleebey implica numerosi cambiamenti nelle pratiche e nelle azioni professionali orientative. Da una parte è necessario passare da una azione rivolta esclusivamente a soggetti con debolezze a una rivolta a tutti i soggetti e dall’altra da dimensioni legate alla patologia a dimensioni del benessere.

Questo cambio di prospettiva riguarda anche gli studi sulla mobilità sociale. A nostro avviso è necessario iniziare a centrare l’attenzione non tanto sui soggetti che non riescono a cambiare classe sociale, quanto su coloro che ci sono riusciti, evidenziando – nel modo più dettagliato possibile – le caratteristiche peculiari (sia individuali sia sociali) che hanno consentito questo passaggio, in modo tale da progettare e realizzare interventi di potenziamento generalizzati su tutti i soggetti proprio su queste caratteristiche di successo.

L’obiettivo, che speriamo sia da più parti condiviso, è che tale padre, tale figlio torni a essere esclusivamente un modo di dire e non una sintesi – quanto mai efficace – del quadro nazionale della mobilità sociale.