Le metadimensioni del coping

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Dettagli:

Associazione Italiana di Psicologia
XXI CONGRESSO NAZIONALE DELLA SEZIONE DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

di ANDREA LAUDADIO, GRAZIA GUERRIERI, CRISTINA LOLLI, MARCO AMENDOLA
Università “La Sapienza” – Facoltà di Psicologia 1
e-mail: andrea.laudadio@uniroma1.it

INTRODUZIONE

Esistono numerose definizioni di coping, classificabili in due categorie molto vicine tra loro: quella centrata sulla sua finalità, di riduzione dello stress e gestione delle sue cause (Skinner, Wellborne, 1994; Parker, Endler, 1996; Asprea, Villone Betocchi, 1998; Compas, 1998), e quella che, più in generale, sottolinea l’aumento del benessere personale a seguito delle risposte comportamentali adottate (Hobfoll, 1998; Cramer, 1998; Vaillant, 2000; Rudisill, Edwards, 2002). In entrambe le definizioni il coping sostanzialmente si configura come una risposta. La prossimità tra le definizioni si esaurisce a questo livello generale.

Infatti, spostandoci dagli aspetti più centrali a quelli più “periferici” del costrutto, si registrano posizioni differenti che individuano questioni ancora aperte.

Ad esempio, ci si riferisce al ruolo delle cognizioni e delle emozioni nel determinare le risposte di coping: alcuni (Lazarus e Folkman, 1984) distinguono tra coping centrato sulle emozioni e coping centrato sulla soluzione del problema; altri (Rossman, 1992; Skinner, et al.  2003) che ritengono questa distinzione superata in quanto le risposte di coping sarebbero sempre e comunque utilizzate per regolare le emozioni elicitate da una situazione stressante.

Da chiarire è anche la questione dell’intenzionalità e volontarietà delle risposte di coping. Mentre Compas, et al. (1997; 2001) intendono per risposte di coping soltanto le azioni volontarie, altri autori (Skinner e Wellborn, 1997; Eisemberg, Fabes e Guthrie, 1997) includono tra queste anche le risposte automatiche (e in qualche modo involontarie) del soggetto.  La distinzione tra volontarietà e involontarietà nel coping non è argomento secondario, in quanto nella letteratura si fa ricorso proprio a questo aspetto per distinguere il coping dai meccanismi di difesa (Cramer, 1998).

Inoltre, non è ancora chiaro quale sia lo sviluppo del coping nel corso della vita (Compas, 1998). Secondo alcuni autori (Bernzweig, Eisenberg, Fabes, 1993, Fields e Prinz, 1997) con lo sviluppo cognitivo il bambino passa da una prima fase, in cui la sua risposta è aspecifica rispetto all’evento stressante, a fasi successive, in cui le risposte acquisiscono maggiore coerenza con l’evento stressante. Inoltre, nel corso dello sviluppo, il bambino amplierebbe la gamma di risposte di coping (Rudolph, Denning e Weisz, 1995) o, meglio, di strategie di coping. Alcuni autori – che hanno concentrato la loro attività di ricerca sulla relazione tra coping ed età – attraverso degli studi longitudinali (Losoya, Eisennberg e Fabes, 1998) hanno evidenziato come il ricorso ad alcune strategie di coping sia fortemente in relazione con l’età dell’adolescente.

L’argomento più controverso sembra essere legato al numero e alla definizione delle strategie di coping. Una rassegna su tutti gli strumenti di misurazione degli stili e delle strategie di coping ha evidenziato una ampia eterogeneità nelle dimensioni misurate ed identificate.

Ad esempio, Frydenberg e Lewis (1993) hanno ipotizzato un modello (e uno strumento) che prevede 18 strategie di coping per gli adolescenti, senza tuttavia annoverare tra questi lo “humor” (Swiatek, 2001) oppure la “ruminazione” (Broderick e Korteland, 2002).

L’obiettivo di questo studio è quello di esplorare – tramite una metodologia qualitativa di tipo bottom-up – gli stili di coping per fornire un contributo all’identificazione delle dimensioni latenti del coping. Nello specifico, è stato sottoposto a verifica proprio il modello di Frydenberg e Lewis (1993).

METODO

Hanno partecipato alla ricerca 190 soggetti con una età media di 29 anni e 10 mesi (d.s. 9 anni e 10 mesi). Per esplorare le dimensioni latenti è stato fatto ricorso ad una procedura di card sorting. In pratica, a ciascun soggetto sono stati presentati 54 cartoncini, ognuno riportante un esempio di possibile strategia di coping (3 per ciascuna delle 18 strategie del modello di Frydenberg e Lewis,1993). È stato chiesto a ciascun soggetto di classificare (in un modo qualunque) i cartoncini presentati. Sui dati raccolti è stata realizzata una doppia procedura di analisi: ACM e cluster analisys.

RISULTATI

Dall’ACM sono emerse tre dimensioni latenti che sottendono le strategie di coping: il primo fattore fa riferimento a “Cognizione vs Emozione”, il secondo a “Sociale vs Individuale”, mentre il terzo sembrerebbe far riferimento a “Approach vs Avoidance”. Queste dimensioni potrebbero essere ricondotte alle metadimensioni del coping. Dalla cluster sembrerebbero emergere 4 principali tipologie di coping: Pensiero ottimistico, Evitamento, Dimensione sociale, Espressione di stati emotivi. La cluster evidenzia però delle interessanti differenze di genere nel posizionamento di alcune strategie di coping. In generale, sembrerebbero essere confermate le strategie e le dimensioni presenti nelle categorizzazioni degli stili di coping elaborate in letteratura, anche se con profonde differenze di genere.