di Francisco Javier Fiz Perez*, Andrea Laudadio**, Cristina Lolli**, Vincenza Lopreiato**
*Università Europea di Roma; **Università “La Sapienza” di Roma
L’orientamento – che per mission dovrebbe offrire sostegno ai soggetti per prepararli ad affrontare momenti di transizione (Sangiorgi, 2005) – tende sempre più frequentemente (purtroppo!) a collocarsi temporalmente a ridosso di queste transizioni (Laudadio, Conti, Giorgetta, in press). Proprio il legame tra orientamento e transizione sostiene e giustifica l’interesse per il coping, in quanto i momenti di transizione sono tipicamente caratterizzati da alti livelli di stress percepito (Heinz, 1987; Gill, 2002). Hanisch (1999) sostiene che le strategie di coping che le persone utilizzano per negoziare i cambiamenti di vita, quali le transizioni lavorative, possono influenzare in maniera significativa sia il benessere che accompagna le transizioni stesse che il potenziale d’impiego futuro. In termini più generali, altri autori (Rudisill, Edwards, 2002; Endler, Parker, 1990, 1994) sostengono che le strategie di coping utilizzate dalle persone per affrontare gli eventi della vita avrebbero un’influenza significativa sul loro benessere e sulle loro scelte di carriera future e – in questa prospettiva – la comprensione delle strategie di coping messe in atto dagli individui, per eventi e situazioni specifiche, sarebbe di notevole interesse per gli interventi di consulenza orientativa rivolti ad adolescenti e adulti (Frydenberg, 2004). Nonostante sia ampio il dibattito su quali e quante siano le strategie di coping (cfr. Laudadio, D’Alessio, in press) è ampio il consenso circa l’esistenza di una strategia definita: di evitamento.
L’evitamento è una strategia disfunzionale in cui il soggetto evita di fronteggiare lo stress adottando comportamenti finalizzati a ridurre – in modo alternativo – lo stress. Secondo Aspinwall e Taylor (1997) il coping di evitamento, qualora sia adoperato in modo ripetitivo risulta essere una strategia inefficace in quanto non fornisce nuove indicazioni su cosa fare e concorre a pregiudicare il supporto sociale. Inizialmente, l’evitamento era incluso nelle strategie focalizzate sull’emozione (Folkman, Lazarus, 1988; Carver et al., 1989) ma – successivamente – è divenuta una categoria a se stante (Asprea, Villone Betocchi, 1995; Endler, Parker, 1990, 1994).
In ambito nazionale sono pochi gli strumenti specifici finalizzati a misurare la tendenza all’evitamento in grado di garantire buoni livelli psicometrici (cfr. Laudadio, Fiz, in press). Per questo motivo è stato messo a punto lo strumento denominato: “Adolescents Coping Scale”.
Lo strumento è risultato composto da 9 item ed ha una struttura monofattoriale. La validità di costrutto è stata verificata su un campione di 1553 soggetti, con età compresa tra i 16 e i 20 anni (M= 17 anni e 8 mesi; DS= 11 mesi), di cui il 53,25% maschi e il 46,74% femmine, mentre la validità convergente e discriminante su un campione di 682 soggetti di cui il 45,31% maschi di età compresa tra i 16 e i 19 anni (M= 17 anni e 2 mesi; DS= 1 anno e 5 mesi). Complessivamente, lo strumento mostra una adeguata attendibilità interna (α=.923) e una buona validità concorrente.