Sbagliando si impara, ma socializzando l’errore si impara tutti di più

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 in riferimento al Volume n. dal titolo “e-Tutoring. Coordinare e supportare la classe virtuale”

di Andrea Laudadio* (andrea.laudadio@uniroma1.it); Paolo Renzi** (paolo.renzi@uniroma1.it)
*Assegnista presso la Facoltà di Psicologia 1 – Università di Roma “La Sapienza”
** Professore Ordinario di Psicologia Generale presso la Facoltà di Psicologia 2 – Università di Roma “La Sapienza”

L’importanza del tutor

La formazione a distanza è una modalità di apprendimento già utilizzata da molti e in più contesti, e la tendenza sembra decisamente quella di un progressivo aumento. Tuttavia, attualmente, rappresenta una realtà comunque limitata (Capucci, 2005). Inoltre, a fronte di una discreta diffusione dell’e–learning, resta ancora da chiarire il suo impatto sia sulle pratiche educative che rispetto ai modelli teorici sottostanti (Ligorio, 2005).

Un’analisi ragionata della letteratura evidenzia una serie di criticità che sembrano caratterizzare la gran parte della ricerca su questo tema. Le principali aree critiche sembrano essere associate alla difficoltà di effettuare veri esperimenti; sia per motivi di definizione di un disegno sperimentale (che tenga sotto controllo alcune dimensioni fondamentali come, ad esempio, l’argomento del corso); sia perché – spesso – è quasi impossibile poter assegnare i soggetti ai diversi gruppi sperimentali. Inoltre, le attività di valutazione sulla qualità dell’e-learning svolte da diversi autori (Kilby 2001; Greenagel 2002; Massy 2002; Williams 2002) offrono un quadro non del tutto rassicurante. In relazione all’ambito specifico dell’educazione scolastica, un recente intervento di Pedrò (2006) ha confermato come, anche in questo caso, i risultati delle ricerche sembrano essere contrastanti e lasciano molti interrogativi aperti.

In riferimento agli spazi di ricerca, Conole (2004) nel definire –  e suggerire –  quali dovrebbero essere gli argomenti di studio (generali) nell’ambito dell’e–learning più volte individua la figura del tutor: in rapporto alle competenze, nella relazione con gli studenti e rispetto alla conoscenza della piattaforma.

Da più parti viene ribadito il ruolo e la centralità del tutor (Rotta e Ranieri, 2005; Francescato et al. 2007), soprattutto per quanto riguarda le funzioni che egli deve svolgere all’interno del processo formativo; tuttavia sembrano ancora numericamente modesti gli studi che hanno posto al centro del loro intervento di ricerca la figura del e–tutor.

Funzioni del tutor

Il concetto di “tutorship” – sulla base delle novità introdotte con le Nuove Tecnologie – attualmente si presta ad una ridefinizione, sostenuta dai numerosi contributi tratti dalla letteratura specialistica sulla figura dell’e-tutor, che si focalizzano su diversi aspetti (Rizzi, 2004).

Molto spazio in letteratura è dedicato nella definizione del “saper essere” e “saper fare” di un tutor. Queste definizioni offrono un ampio spettro di competenze – spesso anche declinate per contesti  – e offrono una visione del tutor che può variare da un «facilitatore e regolatore della discussione» (Laure, 1993) fino ad una figura complessa incaricata di allestire intorno ad ogni studente un ricco e variegato repertorio di risorse di apprendimento, tecniche organizzative, interpersonali, in modo che questi possa trovare gli appigli più idonei a cui afferrarsi e procedere (Calvani e Rotta, 2000). Attualmente l’ambito della formazione (ovvero della traduzione curriculare del “saper essere” e “saper fare”) del tutor è “oggetto di interesse crescente” (Calvani, 2004), anche se:

«rimane compito complesso in ragione della molteplicità di metodologie e strategie didattiche che possono caratterizzare gli interventi formativi nei quali sono coinvolti come mediatori» (de Wall, 2005, p. 103).

Berge (1995) – nel tentativo di sistematizzare il complesso quadro delle competenze di un tutor -individua quattro funzioni legate alla tutorship: (1) una funzione pedagogica (facilitare l’interazione formativa, mantenendo il fuoco delle discussioni, fornendo contributi, evidenziando collegamenti); (2) una funzione sociale (promuovere le interpolazioni sviluppando la coesione e la integrazione del gruppo); (3) una funzione tecnologica (creando le condizioni per un uso semplice e confortevole dell’ambiente di rete, rendendo il più possibile trasparente la tecnologia); (4) una funzione organizzativo-gestionale (sollecitando il rispetto delle consegne, obiettivi formativi, tempi). La suddivisione funzionale di Berge è attualmente usata come riferimento dall’Associazione Italiana Formatori per la certificazione del tutor nell’ambito dell’e-learning (cfr. Panini, 2005).

Secondo Trentin (2001) le funzioni del tutor possono essere racchiuse in tre aree/funzioni:

a) organizzative, quando ci si riferisce all’attività di illustrare le modalità di partecipazione al corso, presentare i materiali e gli esperti, organizzare i lavori, assumendo sostanzialmente un ruolo di coordinatore; b) sociale, alludendo alla gestione della comunicazione e intervento sui processi di socializzazione fra i corsisti, come moderatore, facilitatore e consigliere;
c) didattica, quando agisce a pieno titolo come esperto d’area, nel caso in cui abbia competenze specifiche in relazione agli argomenti trattati nel corso.

Similmente Berge e Collins (1996) delineano il profilo di tutor online come caratterizzato dalla somma di tre sfaccettature: instructor, moderator e facilitator. Il primo si riferisce ad una funzione rivolta maggiormente al lavoro sui contenuti, il secondo alla gestione dei gruppi di lavoro e delle discussioni aperte, il terzo a varie forme di scaffolding.

Anche Shephert (1999) parla di tre distinte abilità del tutor che, in alcuni casi, richiedono la presenza di tre figure diverse nell’ambito di un corso. L’autore parla di tutor “esperto di contenuti” (subject expert), di un tutor identificabile nella figura del facilitatore (coach con funzioni di mentoring e counseling) e di un tutor i cui compiti si orientano alla verifica in itinere della pertinenza tra attività didattiche, strategie di apprendimento e obiettivi, che l’esperienza formativa intende raggiungere (assessor).

Chighine (2002), nel tentativo di formulare una definizione operativa del tutor lo definisce come un soggetto che:

«[…] assiste lo studente durante tutta la durata del percorso formativo, intervenendo sia nei percorsi sincroni che in quelli asincroni. E’ un esperto della materia che ha un rapporto continuo con il discente, risolvendo dubbi sui contenuti e monitorandone la comprensione. Molte volte sottopone e commenta le esercitazioni presenti nel corso» (ibidem, p.124).

Come ci fanno notare Berge e Collins (1996) molte declinazioni delle funzioni del tutor sembrano il frutto di esperienze personali (cfr. Harasim, 1986; Feenberg, 1989; Davie, 1989; Mason, 1991; Hiltz, 1994; Harasim, 1995; Rohfeld and Hiemstra, 1995). Per questo motivo una loro indagine – che sarebbe interessante replicare in un contesto italiano – ha esplorato come i moderatori (tutor) si descrivevano sulla base di una serie di ruoli presentati. La tabella che segue riepiloga i risultati registrati dagli autori.

Tabella 1 – Risultato ricerca Berge e Collins

RuoloRisposte positive
Manager87,00%
Facilitator52,50%
Firefighter45,70%
Helper43,20%
Marketer36,40%
Filter34,00%
Discussion Leader33,30%
Expert32,70%
Editor14,20%

È interessante notare come sia soltanto del 52,50% il peso della funzione di facilitatore contro l’87,00% del peso della funzione gestionale.

Una prima analisi approfondita circa le competenze del tutor è quella prodotta dal gruppo di studio inglese OTIS (Online Tutoring Skills Project) coordinato da Cornelius e Higginson (2000).

Una analisi ancora più approfondita è quella di Dennis, et al. (2004), risultato di un gruppo di studio transnazionale. Secondo questo schema il profilo professionale dell’e–tutor è molto esteso e si articola in 11 funzioni centrali legate alle diverse necessità di supporto da parte dei discenti e alle caratteristiche e tipologie delle interazioni possibili tra il tutor stesso e i discenti:

  • Content Facilitator
  • Metacognition Facilitator
  • Process Facilitator
  • Advisor/Counselor
  • Assessor
  • Technologist
  • Resource Provider
  • Manager/Administrator
  • Designer
  • Co–learner
  • Researcher

A questo elenco Rotta e Ranieri (2005) aggiungono anche:

o        Animatore di comunità

o        Allenatore/Master

o        Sostenitore/mentore

Un percorso di ricerca

A nostro avviso, a proposito del tutor, sono da chiarire ancora alcune dimensioni più elementari che la letteratura – spesso sulla base dell’esperienza quotidiana – tende a dare per scontata. In primo luogo resta da chiarire se il tutor contribuisce ai livelli di apprendimento di un gruppo. E qualora la risposta empirica avesse esito positivo sarebbe doveroso per la ricerca tentare di individuare sperimentalmente i meccanismi e le dimensioni attraverso le quali il tutor, agendo, facilita l’apprendimento.

Per rispondere a questi interrogativi sono stati messi a punto alcuni esperimenti. Tutti gli esperimenti (che verranno di seguito descritti) sono stati realizzati presso alcune aziende che hanno scelto l’e-learning come metodologia formativa, nello specifico presso alcuni call-center che, attraverso la formazione a distanza, realizzano la specifica formazione degli operatori telefonici.

Questa condizione ci ha consentito di gestire le questioni legate alla partecipazione al corso di formazione.

Per valutare la qualità del processo di apprendimento sono stati utilizzati dei questionari. Prima e dopo il corso sono stati somministrati ai partecipanti due versioni parallele di un questionario di apprendimento specifico costruito sulla base dei contenuti del corso.

Nel primo studio sono stati costruiti due gruppi (bilanciati per competenze informatiche e pregresse conoscenze sull’argomento del corso) che differivano esclusivamente per avere o non avere a disposizione un tutor.

I risultati hanno evidenziato come la presenza di un tutor contribuisca significativamente ad aumentare i livelli di apprendimento dei soggetti.

Sulla base di questi risultati è stata posta l’ipotesi che l’incremento del numero dei tutor incrementasse anche i livelli di apprendimento. Per questo motivo sono stati costituiti tre gruppi: i primi due avevano a disposizione il tutor A e il tutor B; il terzo gruppo aveva a disposizione entrambi i tutor (A e B).

L’esperimento non ha evidenziato differenze significative – nel livello di apprendimento – tra i tre gruppi.

Questi due studi ci hanno portato ad ipotizzare che il contributo del tutor al processo di apprendimento sia del tipo tutto-o-nulla, ovviamente tenendo presente la numerica dei gruppi, ovvero di circa 15 soggetti.

A questo punto il focus degli studi si è spostato sulla modalità di erogazione del tutoraggio. E’ stata allestita una situazione sperimentale in cui i due gruppi differivano esclusivamente per avere a disposizione un tutor “in presenza” oppure “a distanza”. La tutorship a distanza è stata realizzata attraverso l’uso della chat.

I risultati hanno evidenziato che il gruppo con il tutor in presenza ha espresso migliori prestazioni nel processo di apprendimento.

E’ possibile formulare alcune ipotesi sulla base dell’osservazione qualitativa che è stata realizzata dei percorsi.

A nostro avviso, il tutor offre una funzione supplementare rispetto alle 4 evidenziate da Berge o, meglio, offrirebbe un contributo al processo di apprendimento che si situa a cavallo tra la posizione pedagogica e la funzione sociale.

Infatti, nelle situazioni con il tutor capita spesso di osservare che questi riverberi – all’interno del gruppo – gli errori di apprendimento di cui viene a conoscenza. Operativamente, questo significa che il tutor spesso riferisce al gruppo errori di apprendimento compiuti da soggetti e, in sintesi, assolverebbe ad una funzione di “socializzazione degli errori”.

Questa funzione potrebbe aggiungersi all’elenco fornito da Dennis, et al (2004) ed implementato da Rotta e Ranieri (2005).

A supporto di questa ipotesi si colloca il terzo esperimento effettuato. Infatti, l’analisi qualitativa degli scambi avvenuti tra il tutor a distanza e gli studenti non ha evidenziato situazioni di “socializzazione degli errori” ma esclusivamente risposte di tipo individuale.

Chi sperimenta quotidianamente l’aula sa a cosa ci riferiamo. Capita spesso – durante le esercitazioni – che un soggetto chieda al docente una informazione. Se poi un secondo o un terzo soggetto chiede la stessa cosa il docente si interrompe, richiama l’attenzione del gruppo, e fornisce la risposta a tutti. Anche quindi ai soggetti che pensavano di aver compreso correttamente.

In estrema sintesi emerge chiaramente che il tutor esprime un contributo – significativo – nel processo di apprendimento: la presenza del tutor sarebbe associata a miglioramenti significativi nel livello di apprendimento dei discenti.

Se si accetta questa premessa, si pone inevitabilmente un nuovo interrogativo: perché?

La socializzazione degli errori altrui: formulazione dell’ipotesi

Per raccogliere maggiori informazioni in relazione al perché il tutor migliori i livelli di apprendimento è stato condotto un nuovo esperimento – che verrà dettagliatamente descritto in seguito – finalizzato proprio a comparare diverse modalità di tutoring.

L’obiettivo di questo esperimento è stato quello di confrontare i livelli di apprendimento (all’interno di un percorso di formazione unico) tra gruppi che differivano unicamente per diversi tipi e modalità di tutoring; nello specifico sono stati costruiti cinque gruppi sperimentali all’interno del percorso formativo: (1) senza nessun supporto di tutor, (2) con un tutor in presenza, (3) con un tutoraggio eseguito esclusivamente tramite chat, (4) con un tutoraggio eseguito esclusivamente tramite un FAQ, (5) con un tutoraggio con l’uso contemporaneo di chat e FAQ.

I soggetti sono stati invitati a partecipare ad un percorso di formazione a distanza la cui partecipazione era propedeutica per un successivo lavoro della società di cui i soggetti fanno parte. Come obiettivo generale il percorso si proponeva di fornire ai soggetti alcuni contenuti fondamentali per poter utilizzare correttamente un nuovo software per realizzare interviste in modalità CATI[1].

Prima della loro partecipazione al percorso formativo sono stati somministrati ai soggetti quattro questionari finalizzati a:  (1) rilevare i dati anagrafici dei soggetti; (2) misurare il livello di conoscenza generale rispetto all’utilizzo di un software CATI; (3) misurare il livello di conoscenza specifica rispetto i contenuti del corso; (4) misurare il livello di conoscenze informatiche.

È stata chiesta la partecipazione alla ricerca di un tutor che aveva già esperienza di tutoraggio sia in presenza che a distanza. Il tutor era un soggetto esperto in contenuti che aveva principalmente la funzione di rispondere a domande del gruppo di apprendimento.

Successivamente i soggetti sono stati divisi nei cinque gruppi precedentemente descritti bilanciando (per quanto possibile) età, conoscenze informatiche,  e livello di conoscenza (generale e specifico) precedentemente misurato.

Per il gruppo 2, Il tutor in presenza era sempre presente fisicamente durante le sessioni di formazione a distanza all’interno della stessa stanza. Nei gruppi con tutorato a distanza tramite chat (gruppi 3 e 5) il tutor era presente sempre on-line attraverso un modulo di tipo chat. Nel gruppo con tutorato a distanza tramite FAQ i soggetti potevano accedere ad una pagina in cui erano presenti le domande (e le relative risposte) fatte dai soggetti dei due gruppi precedentemente descritti. Nel gruppo con tutorato sia tramite FAQ che chat i soggetti avevano a disposizione entrambi gli strumenti precedentemente descritti.

Tutti i corsi di formazione sono stati svolti all’interno dell’orario di lavoro ed è stato retribuito come tale. I soggetti avevano un orario prestabilito per poter partecipare – collettivamente – al corso, che si svolgeva in una delle sale della società di call-center.  Per tutti i gruppi il percorso di formazione era articolato in 9 moduli, sostanzialmente articolati sulla base di set di slides. Il corso – sia con tutor (presenza o distanza) che senza – ha avuto una durata complessiva di circa 9 ore. Ciascun modulo ha avuto – quindi –  una durata di 1 ora. Per poter verificare se la conoscenza degli errori presentati dagli altri fosse sufficiente ad equiparare i livelli di apprendimento di un gruppo con tutor in presenza è stata costruita una sezione FAQ in cui erano presenti le domande fornite dai partecipanti dei corsi di formazione con tutor in presenza e tramite chat (per questo motivo il corso si è svolto cronologicamente solo dopo che gli altri due corsi si fossero conclusi).

Hanno partecipato alla ricerca 65 soggetti, tutte donne impiegate come operatrici di call center. L’età media dei soggetti è di 30 anni e 2 mesi (d.s. 4 anni e 7 mesi). L’età massima è di 46 anni e l’età minima di 18. Mediamente i soggetti fanno parte della società per cui lavorano da 2 anni e 3 mesi (d.s. 1 anno e 7 mesi).

Sono stati utilizzati tre strumenti (oltre un semplice questionario anagrafico): un questionario per la misurazione delle conoscenze generali circa i software CATI, un questionario per la misurazione delle conoscenze specifiche circa il nuovo software, un questionario per la misurazione delle conoscenze informatiche. Gli strumenti per la misurazione dell’apprendimento sono stati somministrati sia prima che dopo (pre-test e post-test). Il questionario circa le competenze informatiche dei soggetti è stato inserito per costruire i cinque gruppi bilanciando (per quanto possibile) le conoscenze informatiche. La critica che viene più frequentemente mossa a questo impianto di ricerca è in relazione alla scelta di costruire gruppi con modalità di formazione a distanza “povera” rispetto alle attuali potenzialità che le piattaforme offrono. Alcuni sostengono che la nostra modalità di formazione non risponda neppure a quella che attualmente viene definita “formazione a distanza”. In realtà, alla base della nostra scelta c’è la volontà di esercitare il maggior controllo possibile sulle dimensioni coinvolte nel processo di apprendimento, per questo motivo sono state prese in considerazione solo poche variabili facilmente controllabili. Lo scopo di chi scrive è di arrivare a disegnare esperimenti sempre più complessi (con l’utilizzo degli strumenti più sofisticati che la formazione a distanza offrono); per arrivare a questo obiettivo è necessario procede per passaggi progressivi in cui si verifichi – inizialmente – l’effetto delle dimensioni più elementari.

Sia per quanto concerne la misura di apprendimento di conoscenze generiche rispetto al software CATI che rispetto al nuovo software CATI  (oggetto del corso di formazione) è stata condotta un’analisi della varianza a disegno misto con un fattore indipendente: gruppo di appartenenza e un fattore a misure ripetute (pre-post).

La sintesi descrittiva dei risultati è indicata nelle tabelle seguenti.

Gruppo sperimentalePre-TestPost-Test
 Mediad.s.Mediad.s.
Senza Tutor7,691,557,151,21
Tutor in presenza7,921,507,771,54
Tutor distanza Chat7,621,767,461,39
Tutor distanza FAQ7,311,897,621,45
Tutor distanza FAQ & Chat7,231,427,231,54

Tabella 2 – Comparazione tra i gruppi sperimentali (Questionario di apprendimento conoscenze CATI generali)

Gruppo sperimentalePre-TestPost-Test
 Mediad.s.Mediad.s.
Senza Tutor1,690,954,850,80
Tutor in presenza1,851,077,460,52
Tutor distanza Chat1,771,246,000,82
Tutor distanza FAQ1,460,975,460,97
Tutor distanza FAQ & Chat1,310,856,770,93

Tabella 3 – Comparazione tra i gruppi sperimentali (Questionario di apprendimento conoscenze CATI specifiche)

Dall’analisi emerge la non significativa differenza tra pre-test e post-test per quanto riguarda le conoscenze generali su un software CATI (F(1,60) =0,20, n.s.) mentre risulta chiaramente significativa la differenza rispetto al questionario che esplorava le conoscenze CATI specifiche (F(1,60)= 726,64, p<.01).

Rispetto alla differenza tra i cinque gruppi, per quello che riguarda le competenze specifiche sull’oggetto del corso, l’ANOVA per misure ripetute evidenzia una differenza significativa tra i cinque gruppi (F(4,60) = 7,74, p<.05).

Figura 1 – Differenze tra i gruppi

Il grafico consente di sintetizzare il comportamento dei cinque gruppi. Appare evidente come il migliore apprendimento sia del gruppo con tutor in presenza mentre il peggiore apprendimento sia del gruppo senza tutor.

L’analisi del test post-hoc (metodo di Tukey HSD) evidenzia quali siano le differenze significative. In relazione alle ipotesi della presente ricerca: il gruppo senza tutor riporta media simile esclusivamente rispetto al gruppo con FAQ, mentre il gruppo con tutor in presenza riporta medie simili solo con il gruppo con tutoraggio congiunto tramite forum e chat.

Quanto emerso ha confermato alcuni risultati già registrati negli esperimenti precedenti. In primo luogo emerge che la presenza del tutor produce livelli di apprendimento significativamente superiori rispetto a gruppi in assenza di tutor (eccezion fatta per il “tutoraggio” effettuato tramite la sezione FAQ). E’ sostenibile quindi –nuovamente – che la presenza di un tutor migliora i livelli di apprendimento.

Rispetto alla comparazione tra le diverse modalità di tutoring, emerge che il tutoraggio in presenza è equiparabile a quello di un tutoraggio congiunto tramite FAQ e chat. Nessuna di queste due modalità però, riesce singolarmente (solo FAQ o solo chat) a garantire livelli di apprendimento equivalenti a quelli di un tutoraggio in presenza.

I risultati sembrerebbero suggerire quindi un doppio ruolo del tutor: da una parte quello del sostegno individuale e di facilitazione dell’apprendimento e dall’altra quella di un sostegno gruppale e di diffusione – nel gruppo – della conoscenza, ma soprattutto di “socializzazione degli errori”.

Analizzando i risultati anche di alcuni esperimenti precedenti è a nostro avviso possibile proporre che il tutor – in alcune circostanze – svolga un importante ruolo di socializzazione e ridistribuzione della conoscenza all’interno del gruppo; in particolare in quei casi in cui la formazione è centrata su contenuti fortemente specialistici.

Tornando ai risultati del nostro esperimento è possibile ipotizzare che la “socializzazione degli errori altrui” sia avvenuta più frequentemente nel gruppo in presenza rispetto al gruppo con sola chat o sola FAQ.

La socializzazione degli errori altrui: verifica empirica

La formulazione teorica della “socializzazione dell’errore” necessita però di ulteriori passaggi di verifica. Di seguito verrà descritto l’ultimo studio (composto da due esperimenti) che ha cercato proprio di verificare la validità di quanto sostenuto in precedenza.

Infatti, se prendiamo per buona la teoria della “socializzazione degli errori” dobbiamo convenire che questa funzione sia fortemente connessa alla dimensione del gruppo. A livello teorico infatti quanto più è grande il gruppo tanto maggiore sarà la quantità di errori prodotti al suo interno. Per questa ragione è stato deciso di tenere sotto controllo la dimensione del gruppo e la modalità di tutoraggio a distanza (nel caso specifico ristretta soltanto all’interazione uno–a–uno tutor↔allievo tramite chat e uno–a–molti (sempre tutoràallievo) tramite una sezione FAQ.

Per questo motivo sono stati messi a punto due esperimenti: nel primo, i gruppi sono indipendenti tra loro; nel secondo esperimento – diversamente dal primo – i gruppi sono connessi tra loro.

L’analisi comparata dei risultati vuole essere un tentativo per fare maggiore chiarezza relativamente alla funzione della socializzazione dell’errore da parte del tutor.

Nel primo esperimento, l’ipotesi è esprimibile come segue: se la teoria della socializzazione degli errori fosse vera,  gruppi più piccoli dovrebbero produrre livelli più bassi di conoscenza, così come gruppi più grandi livelli più alti.

Sostanzialmente l’obiettivo di questo esperimento è quello di confrontare i livelli di apprendimento tra gruppi con diverse modalità di tutoring (presenza e a distanza tramite FAQ e chat) e diversa dimensione del gruppo.

Sono stati costituiti 8 gruppi: (1) tutor in presenza con 6 soggetti; (2) tutor a distanza con 6 soggetti; (1) tutor in presenza con 6 soggetti; (2) tutor a distanza con 6 soggetti; (3) tutor in presenza con 8 soggetti; (4) tutor a distanza con 8 soggetti; (5) tutor in presenza con 10 soggetti; (6) tutor a distanza con 10 soggetti; (7) tutor in presenza con 12 soggetti; (8) tutor a distanza con 12 soggetti;

Hanno partecipato alla ricerca 72 soggetti, tutte donne impiegate come operatrici di call center. L’età media dei soggetti è di 29 anni e 11 mesi (d.s. 5 anni e 2 mesi). L’età massima è di 44 anni e l’età minima di 19.

E’ stata seguita una procedura simile a quella descritta nell’esperimento precedente.

È stata condotta un’analisi della varianza a disegno misto con due fattori indipendenti: numerosità del gruppo (6, 8, 10 e 12) e modalità di tutoring (distanza vs presenza); un fattore a misure ripetute (apprendimento pre–post). La sintesi descrittiva dei risultati è indicata nelle tabelle seguenti.

Tabella 4 – Comparazione tra i gruppi sperimentali (Questionario di apprendimento)

GruppoNPre–TestPost–Test
  MediaStd er.MediaStd er.
(1) Presenza62,170,316,170,31
(2) Distanza61,830,315,500,22
(3) Presenza82,130,237,250,31
(4) Distanza81,880,136,500,42
(5) Presenza101,900,318,300,26
(6) Distanza102,100,317,800,36
(7) Presenza122,000,287,830,37
(8) Distanza122,250,256,750,43

Dall’analisi emerge chiaramente significativa la differenza rispetto le conoscenze specifiche e l’apprendimento (F(1,64)= 802,87, p<.001). Non risulta significativa l’interazione tra tutti i fattori (F(3,64)= ,44, n.s.).

Figura 2 – Comparazione tra i gruppi sperimentali – Istogramma

Risulta invece significativa l’interazione tra l’apprendimento e la dimensione del gruppo (F(3,64)= 6,11, p<.001) e tra l’apprendimento e lo stile di tutoraggio (F(1,64)= 4,15, p<.05).

L’analisi del test post–hoc (metodo di Tukey HSD) evidenzia quali siano le differenze significative. I gruppi con 6 soggetti registrano medie simili solo al gruppo con 8 soggetti. I gruppi con 8 soggetti registrano medie diverse dal gruppo con 10 soggetti ma simili a quelle degli altri gruppi. Il gruppo con 10 soggetti registra medie significativamente diverse dai due di numerosità inferiore.

L’analisi delle medie evidenzia come esista una relazione tra la dimensione del gruppo e l’apprendimento.  Sembrerebbe che il miglior apprendimento si registri con gruppi di numerosità di 10 soggetti.

Anche in questo caso, l’analisi dello stile di tutoring evidenzia come i migliori livelli di apprendimento si registrino con il tutor in presenza. Infatti, dall’analisi degli effetti dello stile di tutoring sembrano confermarsi i risultati degli esperimenti precedenti.

I livelli di apprendimento sembrano essere associati alla dimensione del gruppo. In particolare la numerosità “ottimale” sembra essere quella di 10 soggetti.

L’analisi dei risultati di questo esperimento sembrano confermare la validità della teoria circa la socializzazione degli errori altrui. I gruppi più piccoli sembrano infatti aver prodotto un minor livello di conoscenza, mentre i gruppi più grandi hanno determinato una maggiore dispersione dell’informazione prodotta dal tutor circa gli errori commessi dai partecipanti al gruppo.

Si potrebbe facilmente obiettare che i risultati registrati in questo esperimento non siano imputabili alla socializzazione dell’errore ma, piuttosto, ad altri fattori non presi in considerazione. Per questo motivo è stato realizzato un nuovo esperimento in cui la dimensione del gruppo viene mantenuta ma – al tempo stesso – annullata, socializzando all’interno di ciascun gruppo anche gli errori generati da altri gruppi. L’ipotesi è che questo accorgimento dovrebbe annullare le differenze precedentemente  registrate. A questo fine sono stati costituiti 4 gruppi, tutti con tutoraggio a distanza (1) con 6 soggetti; (2) con 8 soggetti; (1) con 10 soggetti; (2) con 12 soggetti.

Hanno partecipato alla ricerca 36 soggetti, tutte donne impiegate come operatrici di call center.

L’età media dei soggetti è di 29 anni e 5 mesi (d.s. 6 anni e 3 mesi). L’età minima è di 20 anni e l’età massima di 44.

È stata condotta un’analisi della varianza a disegno misto con un fattore indipendente: numerosità del gruppo (6, 8, 10 e 12);  e un fattore a misure ripetute (apprendimento pre–post). La sintesi descrittiva dei risultati è indicata nelle tabelle seguenti.

Tabella 5 – Comparazione tra i gruppi sperimentali (Questionario di apprendimento)

GruppoNPre–TestPost–Test
  MediaStd er.MediaStd er.
(1)62,000,638,830,98
(2)81,880,648,751,04
(3)102,000,478,801,03
(4)122,080,518,080,90

Dall’analisi emerge chiaramente significativa la differenza rispetto le conoscenze specifiche e l’apprendimento (F(1,32)= 1204,3; p<.001).

Non risulta significativa l’interazione tra l’apprendimento e la dimensione del gruppo (F(3,32)= 1,51; n.s.). Anche se – sembrerebbe – che il gruppo 4 (con 12 soggetti) registri un livello di apprendimento leggermente inferiore a quello degli altri gruppi.

L’esperimento ha confermato l’ipotesi iniziale. Nel momento nel quale nei gruppi vengono socializzati e diffusi tutti gli errori (anche quelli prodotti dagli altri gruppi), e quindi annullando la dimensione del gruppo in relazione a questo fattore, le differenze di apprendimento vengono annullate. Il leggero decremento del gruppo 4 può essere spiegato dal minore tempo a disposizione dei partecipanti di interagire con il tutor, data la maggiore numerosità del gruppo stesso.

Conclusioni e applicazioni

Tenendo conto dei limiti espressi riguardo la generalizzabilità dei risultati, a nostro avviso, gli studi presentati si prestano ad una serie di considerazioni.

Nel caso di formazione a distanza il cui obiettivo è veicolare contenuti specialistici, la presenza del tutor sembra essere determinante in relazione ai livelli di apprendimento. L’assenza del tutor determina infatti inferiori livelli di apprendimento.

In relazione alle funzioni del tutor sembra configurarsi la validità di una importante funzione del tutor, ovvero quella di socializzare l’errore degli allievi.

Questi risultati sembrerebbero confermare quanto già Barchechath (1996) sosteneva, ovvero che qualsiasi servizio di formazione dovrebbe mettere in condizioni il beneficiario di essere co-produttore di servizio insieme al fornitore. Questo significa stimolare quanto più possibile la partecipazione attiva degli utenti, oltre che nella definizione degli scopi e dei contenuti dell’azione formativa, anche nel capitalizzare l’esperienza pregressa degli stessi partecipanti a vantaggio dell’arricchimento (futuro o presente) dell’intero processo formativo.

Questi risultati non sorprenderanno chi da tempo si occupa di formazione ma volgiamo ribadirne l’importanza e il rilievo nella progettazione degli interventi formativi e delle piattaforme, che – a nostro avviso – devono iniziare a sostenere in modo strutturato il processo di socializzazione degli errori. In questa direzione, è nostra intenzione proporre una pratica basata anche sull’utilizzo di strumenti (tecnologici o tradizionali) che favoriscano l’emergere degli errori e delle incomprensioni da parte degli studenti e che generino una circolazione della conoscenza all’interno della classe. La nostra proposta è di mutuare – anche nella formazione tradizionale – alcune tecniche e pratiche nate e sviluppate nella formazione a distanza.

Bibliografia

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[1] I software CATI sono degli strumenti che vengono utilizzati per supportare le interviste telefoniche. Concretamente il software e deputato a proporre all’intervistatrice le domande da porre all’intervistato e a consentire la trascrizione delle risposte. La principale funzione del software è quindi quella di registrare le risposte ed eseguire i salti logici che i questionari presentano. Oltre a queste funzioni i recenti software offrono anche la possibilità di gestire gli appuntamenti con gli intervistati ed alcune funzioni avanzate di registrazione delle risposte.