Senza politiche per la mobilità è inutile “fare” orientamento

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di Andrea Laudadio
e-LABORANDO SpA 

Gli studi sulla Mobilità Sociale nascono negli anni cinquanta in Inghilterra con lo scopo di fornire indicazioni circa le cause del movimento (o dell’immobilità) degli individui all’interno della struttura delle classi sociali (Ballarino, Cobalti, 2003). Le ricerche sulla mobilità sociale sono quindi in grado di fornire indicazioni circa l’apertura/chiusura o fluidità di una società e, in qualche modo, una stima circa la giustizia sociale di un paese. In altre parole, gli indici di mobilità sociale ci consentono di dire quanto pesi l’estrazione socio-economica (famiglia di origine) nel determinare il futuro di un individuo. L’ISTAT nel 2003 ha realizzato un approfondito studio sulla mobilità sociale nel nostro Paese. I risultati – in termini generali – evidenziano un Paese con una scarsa mobilità tra le diverse classi sociali, in virtù di una bassa possibilità di ascesa sociale. Infatti, solo il 4,7% figli di padri appartenenti alla classe operaia (o agricola) appartengono alla classe borghese. Incrociando la classe occupazionale del padre, la classe occupazionale del figlio e il titolo di studio risulta che le percentuali di spostamento verso l’alto nella scala sociale sono direttamente correlate al grado di istruzione raggiunto nel proprio percorso formativo. Ad esempio, il figlio di un operaio difficilmente approderà al ceto borghese, ma questo è tanto più vero quanto inferiore sarà il titolo di studio posseduto. Se il figlio di un operaio che ha conseguito la laurea o il diploma ha il 14,6% di probabilità di accedere alla classe borghese questa percentuale crolla al 2,1% nel caso di possesso della licenza media o della licenza elementare. Similmente, una persona proveniente dalla classe borghese con il diploma o la laurea ha il 40,6% di probabilità di permanere nella sua classe di origine che scende al 5,4% se il suo titolo è la licenza media. È illusorio considerare il titolo di studio come una variabile pura nello studio della mobilità sociale del Paese. Rispetto all’ereditarietà del titolo di studio, l’indagine ISFOL-PLUS (2006) fornisce dei dati su cui è possibile fare almeno due consi-derazioni. Da una parte emerge un incremento del titolo di studio dei figli rispetto ai padri, imputabile però a un incremento strutturale dell’istruzione; dall’altra è evidente una forte ereditarietà dei titoli di studio. Il 47,2% dei figli di laureati consegue la laurea contro il 22,8% dei figli di diplomati e solo il 6,7% dei figli di un padre con licenza elementare. Come evidenzia Pisati (2000), al di là del titolo di studio posseduto, la competizione per l’occupazione dello spazio sociale continua ovunque a essere influenzata direttamente anche dalla classe di origine. Il quadro presentato ha effetti diretti anche sull’orientamento dei giovani. A questo proposito, abbiamo effettuato due ricerche, la prima (su un campione di 1515 studenti di scuola superiore) finalizzata ad esplorare l’esistenza di pattern comportamentali diversi in relazione al ceto di provenienza. La seconda ricerca ha coinvolto 4.000 soggetti e ha avuto lo scopo di verificare la presenza di differenze significative nella “percezione” di mobilità sociale in quattro provincie: Bologna, Cosenza, Milano e Roma. Nel corso dell’intervento saranno presentati i risultati dei due studi e le possibili applicazioni e implicazioni in ambito orientativo.